Regola Latina emanata durante
il Concilio di Troyes nel 1128.
Troyes (Stemma)
Francobollo
Onorio
II riconosce l'Ordine dei Cavalieri Templari nel Concilio di Troyes
(Illustrazione di Francois Marius Granet)
Onorio
II riconosce l'Ordine dei Cavalieri Templari nel Concilio di Troyes
(Illustrazione di Francois Marius Granet)
I - Quale divino ufficio debbano udire
Voi che rinunciate alla propria volontà, e tutti gli altri che per la
salvezza della anime con coi militano per un certo tempo, con cavalli e armi
per il sommo re, abbiate cura di udire con pio e puro desiderio nella sua
totalità Mattutini e l'Integro Servizio, secondo l'istituzione canonica e la
consuetudine dei dottori regolari della Santa Città. Soprattutto da voi,
venerabili fratelli, è dovuto il sommo grado, poiché disprezzata la luce di
questa vita, e superata la preoccupazione dei vostri corpi, avete promesso
di disprezzare il mondo incalzante per amore di Dio per sempre: rifocillati
e saziati dal divino cibo, istituiti e confermati dai precetti del Signore,
dopo la consumazione del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia
preparato alla corona.
II - Dicano le preghiere del Signore, se non hanno potuto udire il
servizio di Dio
Inoltre se un fratello lontano per caso per un impegno della cristianità
orientale (e questo più spesso non dubitiamo sia avvenuto) non potesse udire
per tale assenza il servizio di Dio: per Mattutini dica tredici orazioni del
Signore e per le singole ore, sette; per i Vespri, riteniamo se ne debbano
dire nove, e questo lo affermiamo unanimemente a libera voce. Questi,
infatti, impegnati così in un lavoro di preservazione, non possono accorrere
nell'ora opportuna al Divino Ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora
stabilita non trascurino quanto dovuto per istituzione.
III - Che cosa fare per i fratelli defunti
Quando uno dei fratelli professi sacrifica ciò che è impossibile strappare
alla morte, che non risparmia nessuno, ciò che è impossibile strappare: ai
cappellani e ai sacerdoti che con voi caritatevolmente e temporaneamente
servono al Sommo Sacerdote comandiamo con carità di offrire per la sua anima
a Cristo con purezza di spirito l'ufficio e la Messa solenne. I fratelli ivi
presenti, che pernottano pregando per la salvezza del fratello defunto,
dicano cento orazioni del Signore fino al settimo giorno per il fratello
defunto: dal giorno in cui fu annunciata la morte del fratello, fino al
predetto giorno, il numero centenario venga rispettato con fraterna
osservanza nella sua integrità con divina e misericordiosa carità
scongiuriamo, e con pastorale autorità, comandiamo, che ogni giorno, come al
fratello si dava e si doveva nelle necessità così si dia ad un povero fino
al quarantesimo giorno ciò che è necessario al sostentamento di questa vita,
per quanto riguarda cibo e bevanda. Del tutto proibiamo ogni altra offerta,
che nella morte dei fratelli, e nella solennità di Pasqua, inoltre nelle
altre solennità, la spontanea povertà dei poveri soldati di Cristo era
solita in modo esagerato dare al Signore.
IV - I cappellani abbiano soltanto vitto e vestito
Comandiamo che per comune accordo del capitolo le altre offerte e tutte le
altre specie di elemosine, in qualunque modo siano, vengano date con attenta
cura ai cappellani o gli altri che restano temporaneamente. Perciò i
servitori della Chiesa abbiano soltanto vitto e vestito secondo l'autorità,
e non pretendano di avere nulla di più, tranne che i maestri spontaneamente
e caritatevolmente abbiano dato.
V - I soldati temporanei defunti
Vi sono tra di noi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente
rimangono della casa di Dio, e Tempio di Salomone. Perciò con ineffabile
supplica vi preghiamo, scongiuriamo, e anche con insistenza comandiamo, che
nel frattanto la tremenda potestà avesse condotto qualcuno all'ultimo
giorno, per amore di Dio, fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di
sostentamento per la sua anima.
VI - Nessun fratello professo faccia un'offerta
Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli
professi presuma di trattare un'altra offerta: ma giorno e notte con cuore
puro rimanga nella sua professione, perché sia in grado di eguagliare il più
santo dei profeti in questo: prenderò il calice della salvezza, e nella mia
morte imiterò la morte del Signore: poiché come Cristo diede la sua anima
per me, così anche io sono pronto a dare l'anima per i fratelli, ecco
l'offerta giusta: ecco l'ostia viva gradita a Dio.
VII - Non esagerare nello stare in piedi
Abbiamo sentito con le nostre orecchie un teste sincerissimo, che voi
assistete al divino ufficio stando costantemente in piedi: questo non
comandiamo anzi vituperiamo: comandiamo che finito il salmo, "Venite
esultiamo al Signore" con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i
forti quanto ai deboli, per evitare scandalo. Voi che siete presenti,
terminato ogni salmo, nel dire "Gloria al Padre", con atteggiamento supplice
alzatevi dai vostri scanni verso gli altari, per riverenza alla Santa
Trinità ivi nominata, e insegnammo ai deboli il modo di chinarsi. Così anche
nella proclamazione del Vangelo, e al "Te Deum laudamus", e durante tutte le
Lodi, finché finito "Benediciamo il Signore", cessiamo di stare in piedi,
comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta nei Mattutini di S. Maria.
VIII - Il riunirsi per il pasto
In un palazzo, ma sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo
che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una necessità, a causa
della non conoscenza dei segni, sottovoce e privatamente è opportuno
chiedere. Così in ogni momento le cose che vi sono necessario con ogni
umiltà e soggezione di reverenza chiedete durante la mensa, poiché dice
l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio. E il Salmista vi deve animare,
quando dice: Ho posto un freno alla mia bocca, cioè ho deciso dentro di me,
perché non venissi meno nella lingua cioè custodivo la mia bocca perché non
parlassi malamente.
IX - La lettura
Nel pranzo e nella cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il
signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole
salutifere e i suoi precetti. Il lettore vi intima il silenzio.
X - Uso della carne
Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la
festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte
la carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione
del corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della
carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Nel
giorno del Signore appare senza dubbio, opportuno dare due portate a tutti i
soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli
altri invece, cioè gli armigeri e gli aggregati, rimangono contenti di uno,
ringraziando.
XI - Come debbono mangiare i soldati
E' opportuno generalmente che mangino due per due, perché l'uno
sollecitamente provveda all'altro, affinché la durezza della vita, o una
furtiva astinenza non si mescoli in ogni pranzo. Questo giudichiamo
giustamente, che ogni soldato o fratello abbia per sé solo una uguale ed
equivalente misura di vino.
XII - Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi
Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato,
riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di
altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si
comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro.
XIII - Con quale cibo è necessario cibarsi nella feria sesta
Nella feria sesta riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un
unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto conto però della
debolezza dei malati, a partire dalla festa dei santi fino a Pasqua, tranne
che capiti il Natale del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli.
Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si rifocillino due
volte.
XIV - Dopo il pranzo sempre rendano grazie
Dopo il pranzo e la cena sempre nella chiesa, se è vicina, o, se così non è,
nello stesso luogo, come conviene, comandiamo che con cuore umiliato
immediatamente rendano grazie al sommo procuratore nostro: che è Cristo:
messi in disparte in pani interi, si comanda di distribuire come dovuto per
fraterna carità ai servi o ai poveri i resti.
XV - Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere
Benché il premio della povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti
ai poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiano vi confessa
indubitabilmente parte di quelli, comandiamo che il decimo di tutto il pane
quotidianamente consegniate al vostro elemosiniere.
XVI - La colazione sia secondo il parere del maestro
Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il
segnale, come è consuetudine di quella regione, è necessario che tutti voi
vi rechiate a Compieta, ma prima desideriamo che assumiate un convivio
generale. Questo convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione del
maestro, perché quando voglia sia composto di acqua; quando con benevolenza
comanderà, di vino opportunamente diluito. Questo non è necessario che
conduca a grande sazietà o avvenga nel lusso, ma si parco; infatti vediamo
apostatare anche i sapienti.
XVII - Terminata la Compieta si conservi il silenzio
Finita la Compieta è necessario recarsi al giaciglio. Ai fratelli che escono
da Compieta non venga data licenza di parlare in pubblico, se non per una
necessità impellente; quanto sta per dire al suo scudiero sia detto
sommessamente. Forse può capitare che in tale intervallo per voi che uscite
da Compieta, per grandissima necessità di un affare militare, o dello stato
della nostra casa, perché il giorno non è stato sufficiente, sia necessario
che lo stesso maestro parli con una parte dei fratelli, oppure colui al
quale è dovuto il comando della casa come maestro. Così questo comandiamo
che avvenga; poiché è scritto: Nel molto parlare non sfuggirai al peccato. E
altrove: La morte e la vita nelle mani della lingua. In questo colloquio
proibiamo la scurrilità, le parole inutili e ciò che porta al riso: e a voi
che vi recate a letto, se qualcuno ha detto qualcosa di stolto, comandiamo
di dire l'orazione del Signore con umiltà e devota purezza.
XVIII - Gli stanchi non si alzino per i Mattutini
Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per i Mattutini, come è a voi
evidente: ma con l'approvazione del maestro, o di colui al quale fu
conferito dal maestro, riteniamo unanimemente che essi debbano riposare e
cantare le tredici orazioni costituite, in modo che la loro mente concordi
con la voce secondo quanto detto dal profeta: Salmeggiate al Signore con
sapienza: e ancora: al cospetto degli angeli salmeggerò a te. Ma questo deve
dipendere dal consiglio del maestro.
XIX - Sia conservata comunità di vitto tra i fratelli
Si legge nella pagina Divina: Si divideva ai singoli, come era necessario
per ciascuno. Perciò non diciamo che vi sia accezione di persone ma vi deve
essere considerazione delle malattie. Quando uno ha meno bisogno, ringrazi
Dio, e non si rattristi: colui che ha bisogno si umili per l'infermità, non
si innalzi per la misericordia, e così tutte le membra saranno in pace. Ma
questo proibiamo ché a nessuno sia lecito abbracciare una astinenza fuori
posto, ma conducano una vita comune costantemente.
XX - Qualità e stile del
vestito
Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio
bianchi, o neri, o, per così dire, bigi. A tutti i soldati professi in
inverno e in estate, se è possibile, concediamo vesti bianche, cosicché
coloro che avranno posposto una vita tenebrosa, riconoscano di doversi
riconciliare con il loro Creatore, mediante una vita trasparente e bianca.
Che cosa di bianco, se non l'integra castità? La castità è sicurezza della
mente, e sanità del corpo. Infatti ogni militare, se non avrà preservato
nella castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come
attesta l'apostolo San Paolo: Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza
cui nessuno vedrà il Signore. Ma perché una sia di questo stile deve essere
privo della nota arroganza e del superfluo; comandiamo a tutti che abbiano
tali cose affinché ciascuno da solo sia capace senza clamore di vestirsi e
svestirsi, mettersi i calzari e levarseli. Il procuratore di questo
ministero con vigile cura sia attento nell'evitare questo, coloro che
ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi, da riporre in camera, o
dove il fratello ci spetta il compito avesse deciso, perché possano servire
agli scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.
XXI - I servi non portino vesti bianche, cioè pallii
Decisamente disapproviamo quanto era nella casa di Dio e del tempio dei suoi
soldati, senza discrezione e decisione del comune capitolo, e comandiamo,
che venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio proprio. I servi e gli
scudieri portavano una volta vestiti bianchi, donde derivavano danni.
Sorsero infatti in zone ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed
altri, che dissero di appartenere al Tempio, mentre sono del mondo. Costoro
procurarono tante ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e gli
aggregati presuntuosi come professi insuperbendo fecero nascere numerosi
scandali. Portino quindi sempre vestiti neri: nel caso in cui questi non
possano essere trovati, abbiano quelli che si possano trovare nella
provincia in cui abitano, o quanto può essere avvicinato alla più semplice
di un unico colore, cioè bigio.
XXII - I soldati professi portino solo vestiti bianchi
A nessuno è concesso portare tuniche candide, o avere pallii bianchi, se non
ai nominati soldati.
XXIII - Si usino solo pelli di agnelli
Abbiamo deciso di comune accordo, che nessun fratello professo abbia pelli
di lunga durata perenne o pelliccia o qualcosa di simile, e che serva al
corpo, anche per coprirlo se non di agnelli o arieti.
XXIV - I vecchi vestiti siano dati agli scudieri
Il procuratore o datore dei vestiti con ogni attenzione dia i vecchi abiti
sempre agli scudieri e agli aggregati, e talvolta ai poveri, agendo con
fedeltà ed equità.
XXV - Chi brama le cose migliori abbia le peggiori
Se un fratello professo, o perché gli è dovuto o perché mosso da superbia
volesse abiti belli o ottimi, meriterebbe per tale presunzione senza dubbio
quelli più umili.
XXVI - Sia rispettata la qualità e la quantità dei vestiti
E' necessario osservare la quantità secondo la grandezza dei corpi e la
larghezza dei vestiti: colui che consegna gli abiti sia in questo attento.
XXVII - Colui che consegna i vestiti conservi innanzitutto l'uguaglianza
Il procuratore con fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu
detto, con la stessa attenzione, perché l'occhio dei sussurratori o dei
calunniatori non presuma di notare alcunché: e in tutte queste cose,
umilmente mediti la ricompensa di Dio.
XXVIII - L'inutilità dei capelli
Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino capelli in modo
che possano essere considerati regolari davanti e dietro e ordinati; e nella
barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non
si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza.
XXIX - Circa gli speroni e le collane
Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché
questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo
l'autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che
prestano servizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane,
né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto
proibiamo. A coloro che servono al sommo creatore è sommamente necessaria la
mondezza interna ed esterna, come egli stesso attesta, dicendo: Siate mondi,
perché Io sono mondo.
XXX - Numero dei cavalli e degli scudieri
A ciascun soldato è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà
della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di aumentare oltre,
se non per licenza del maestro.
XXXI - Nessuno ferisca uno scudiero che serve gratuitamente
Concediamo ai singoli militari per la stessa ragione un solo scudiero. Ma se
gratuitamente e caritatevolmente quello scudiero appartiene a un soldato, a
costui non è lecito flagellarlo, e neppure percuoterlo per qualsiasi colpa.
XXXII - In che modo siano ricevuti coloro che restano a tempo
Comandiamo a tutti i soldati che desiderano servire a tempo a Gesù Cristo
con purezza d'animo nella stessa casa, di comprare fedelmente cavalli idonei
in questo impegno quotidiano, e armi e quanto è necessario. Abbiamo anche
giudicato, tutto considerato, che sia cosa buona e utile valutare i cavalli.
Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato:
quanto sarà necessario al soldato, o ai suoi cavalli, o allo scudiero,
aggiunti i ferri dei cavalli secondo la facoltà della casa, sia acquistato
dalla stessa casa con fraterna carità. Se frattanto il soldato per qualche
evento perdesse i suoi cavalli in questo servizio; il maestro per quanto può
la casa, ne procurerà altri. Al giungere del momento di rimpatriare, lo
stesso soldato conceda la metà del prezzo per amore divino, e se a lui
piace, riceva l'altra dalla comunità dei fratelli.
XXXIII - Nessuno agisca secondo la propria volontà
E' conveniente a questi soldati, che stimano niente di più caro loro di
Cristo, che per il servizio, secondo il quale sono professi, e per la gloria
della somma beatitudine, o il timore della geenna, prestino continuamente
obbedienza al maestro. Occorre quindi che immediatamente, se qualcosa sia
stato comandato dal maestro, o da colui al quale è stato dato mandato dal
maestro, senza indugio, come fosse divinamente comandato, nel fare non
conoscano indugio. Di questi tali la stessa verità dice: Per l'ascolto
dell'orecchio mi ha obbedito .
XXXIV - Se è lecito andare senza comando del maestro in un luogo isolato
Scongiuriamo, e fermamente loro comandiamo, che i generosi soldati che hanno
rinunciato alla propria volontà, e quanti sono aggregati, senza la licenza
del maestro, o di colui cui fu conferito, di non permettersi di andare in un
luogo isolato, eccetto di notte al sepolcro, in armi, e sorvegliare, poiché
l'astuto nemico colpisce di giorno e di notte, o a quei luoghi che sono
inclusi nelle mura della santa città.
XXXV - Se è lecito camminare da soli
Coloro che viaggiano, non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di
notte, senza un custode, cioè un soldato o un fratello professo. Infatti
dopo che furono ospitati nella milizia, nessun militare, o scudiero o altro,
si permetta di andare per vedere negli atri degli altri militari, o per
parlare con qualcuno, senza permesso, come fu detto sopra. Perciò affermiamo
saggiamente, che in tale casa ordinata da Dio, nessuno secondo il suo
possesso svolga il proprio servizio o riposi; ma secondo il comando del
maestro ciascuno agisca così che imiti la sentenza del Signore, con cui ha
detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma di Colui che mi ha mandato.
XXXVI - Nessuno chieda singolarmente ciò che è a lui necessario
Comandiamo, che sia scritta tra le altre come propria questa consuetudine e
posta ogni attenzione confermiamo perché si eviti di cercare il vizio.
Nessun fratello professo, deve chiedere che gli sia assegnato personalmente
un cavallo o una cavalcatura o delle armi. In che modo? Se la sua malattia,
o la debolezza dei sui cavalli, o la scarsezza delle sue armi, fosse
riconosciuta tale, che avanzare così sia un danno comune: si rechi dal
maestro, o da colui chi è dovuto il ministero dopo il maestro, e gli esponga
la causa con sincerità e purezza: infatti la cosa va risolta nella decisione
del maestro, o del suo procuratore.
XXXVII - I morsi e gli speroni
Non vogliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano
nei morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad
alcun fratello professo acquistarli. Se per caso tali vecchi strumenti
fossero stati dati in dono, l'oro o l'argento siano colorati in modo che il
colore o il decoro non appaia arroganza in mezzo agli altri. Se fossero
stati dati nuovi, il maestro faccia ciò che vuole di queste cose.
XXXVIII - Sulle aste e sugli scudi non venga posta una copertura
Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi
questo non è proficuo, anzi dannoso.
XXXIX - L'autorizzazione del maestro
Al maestro è lecito dare cavalli o armi a chiunque, o a chi ritiene
opportuno qualunque altra cosa.
XL - Sacco e baule
Non sono permessi sacco e baule con il lucchetto: così siano presentati,
perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a cui
furono affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa
norma sono esclusi i procuratori e coloro che abitano in province diverse, e
neppure è inteso lo stesso maestro.
XLI - L'autorizzazione scritta
In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere, o dare, dai propri
parenti, né qualsiasi uomo, né dall'uno all'altro, senza il permesso del
maestro o del procuratore. Dopo che un fratello avrà avuto licenza, alla
presenza del maestro, se così a lui piace, siano registrati. Nel caso che
dai parenti sia indirizzato a lui qualcosa, non si permetta riceverla, se
prima non è stato segnalato al maestro. In questa norma non sono inclusi il
maestro e i procuratori della casa.
XLII - La confessione delle proprie colpe
Poiché ogni parola oziosa si sa che genera il peccato, che cosa essi diranno
ostentatamente riguardo alle proprie colpe davanti al severo giudice. Dice
bene il profeta che se occorre astenersi dai buoni discorsi per il silenzio,
quanto più occorre astenersi dalle cattive parole per la penda del peccato.
Vietiamo quindi che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello,
o con qualcun altro, per meglio dire, le stoltezze, che nel secolo nel
servizio militare compì in modo enorme, e i piaceri della carne con
sciaguratissime donne, o qualsiasi altra cosa: e se per caso avesse sentito
qualcuno che riferisce tali cose, lo faccia tacere, o appena può si
allontani per obbedienza, e al venditore d'olio non offra il cuore.
XLIII - Questua e accettazione
Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza averla chiesta, la consegni
al maestro o all'economo: se un altro suo amico o parente non volesse che
fosse usata se non da lui, questa non riceva fino a quando abbia il permesso
del maestro. Colui al quale sarà stata data la cosa, non dispiaccia che
venga data ad un altro: sappia per certo, che se si arrabbiasse per questo,
agisce contro Dio. Nella sopraddetta regola non sono contenuti gli
amministratori ai quali in modo speciale è affidato e concesso il ministero
riguardo al sacco e al baule.
XLIV - I sacchi per il cibo sui cavalli
E' utile a tutti che questo ordine da noi stabilito sia rispettato senza
eccezioni. Nessun fratello presuma di confezionare sacchi per il cibo di
lino o di lana, preparati con troppa cura: non ne abbia se non di panno
grezzo.
XLV - Nessuno osi cambiare o domandare
Nessuno presuma di cambiare le sue cose, fratello con il fratello, senza
l'autorizzazione del maestro, e chiedere qualcosa, se non fratello al
fratello, purché la cosa sia piccola, vile, non grande.
XLVI - Nessuno catturi un uccello con un uccello, neppure proceda con il
richiamo
Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con
un uccello. Non conviene infatti aderire alla religione conservando i
piaceri mondani, ma ascoltare volentieri i comandamenti del Signore,
frequentemente applicarsi alle preghiere, confessare a Dio i propri peccati
con lacrime e gemito quotidianamente nella preghiera. Nessun fratello
professo per questa causa principale presuma di accompagnarsi con un uomo
che opera con il falco o con qualche altro uccello.
XLVII - Nessuno colpisca una fiera con l'arco o la balestra
E' conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere,
umilmente, non pronunciando molte parole, ma ragionando, e non con voce
troppo elevata. Specialmente imponiamo e comandiamo ad ogni fratello
professo di non osare entrare in un bosco con arco o balestra o lanciare
dardi: non vada con colui che fece tali cose se non per poterlo salvare da
uno sciagurato pagano: né osi gridare con un cane né garrire; né spinga il
suo cavallo per la bramosia di catturare la fiera.
XLVIII - Il leone sia sempre colpito
Infatti è certo, che a voi fu specialmente affidato il compito di offrire la
vita per i vostri fratelli, e eliminare dalla terra gli increduli, che
sempre minacciano il Figlio della Vergine. Del leone questo leggiamo, perché
egli circuisce cercando chi divorare, e le sue mani contro tutti, e le mani
di tutti contro lui.
XLIX - Ascoltate il giudizio riguardo a quanto è chiesto su di voi
Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono senza numero, e si
affrettano incessantemente e sempre più crudelmente ad inquietare coloro che
non amano le contese. In questo si tenga la sentenza del Concilio fatta con
serena considerazione, che se qualcuno nelle parti della regione orientale,
o in qualunque altro luogo chiedesse qualcosa su di voi, a voi comandiamo di
ascoltare il giudizio emesso da giudici fedeli e amanti del vero; e ciò che
sarà giusto, comandiamo che voi compiate senza esitazione.
L - In ogni cosa sia tenuta questa regola
Questa stessa regola comandiamo che venga tenuta per sempre in tutte le cose
che immeritatamente sono state a voli tolte.
LI - Quando è lecito a tutti i militari professi avere una terra e degli
uomini
Crediamo che per divina provvidenza nei santi luoghi prese inizio da voi
questo genere nuovo di religione che cioè alla religione sia unita la
milizia e così per la religione proceda armata mediante la milizia, o senza
colpa colpisca il nemico. Giustamente quindi giudichiamo, poiché siamo
chiamati soldati del Tempio che voi stessi per l'insigne e speciale merito
di probità abbiate casa, terra, uomini, contadini e giustamente li
governate: e a voi è dovuto in modo particolare quanto stabilito.
LII - Ai malati sia dedicata un'attenzione particolare
Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura attentissima, come si
servisse a Cristo in loro: il detto evangelico, sono stato infermo e mi
visitaste sia attentamente ricordato. Costoro vanno sopportati
pazientemente, perché mediante loro senza dubbio si acquista una
retribuzione superiore.
LIII - Agli infermi sia sempre dato ciò che è necessario
Agli assistenti degli infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura,
che quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e
diligentemente, secondo le possibilità della casa sia loro amministrato, ad
esempio, carne e volatili ed altro, fino quando siano restituiti alla
sanità.
LIV - Nessuno provochi l'altro all'ira
Massima attenzione va posta perché qualcuno non presuma di provocare l'altro
all'ira: infatti la somma clemenza della vicina divina fraternità congiunse
tanto i poveri quanto i potenti.
LV - In che modo siano accolti i fratelli sposati
Permettiamo a voi di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se
chiedono il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità, entrambi
concedano una parte della loro sostanza e quanto avessero ad acquistare lo
diano all'unità del comune capitolo dopo la loro morte, e frattanto
conducano una vita onesta, e si studino di agire bene verso i fratelli, ma
non portino la veste candida e il mantello bianco. Se il marito fosse morto
prima, lasci la sua parte ai fratelli: la moglie ricavi il sostegno della
vita dall'altra parte. Consideriamo infatti questo ingiusto che fratelli di
questo tipo risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno promesso la
castità a Dio.
LVI - Non si abbiano più sorelle
Riunire ancora sorelle è pericoloso: l'antico nemico a causa della compagnia
femminile cacciò molti dalla retta via del paradiso. Perciò, fratelli
carissimi, perché sempre tra voi sia visibile il fiore dell'integrità, non è
lecito mantenere ancora questa consuetudine.
LVII - I fratelli del Tempio non abbiano parte con gli scomunicati
Questo, fratelli è da evitare e da temere, che qualcuno dei soldati di
Cristo in qualche modo si unisca ad una persona scomunicata singolarmente e
pubblicamente, o presuma di ricevere le sue cose, perché la scomunica non
sia simile al marantha (vieni Signore). Ma se fosse soltanto interdetto, non
sarà fuori posto avere parte con lui, e ricevere caritatevolmente le sue
cose.
LVIII - In che modo vanno ricevuti i soldati secolari
Se un soldato dalla massa della perdizione, o un altro secolare, volendo
rinunziare al mondo, volesse scegliere la nostra comunione e vita, non si
dia a lui subito l'assenso, ma secondo la parola di Paolo, provate gli
spiriti se sono da Dio così a lui sia concesso l'ingresso. Si legga dunque
la Regola in sua presenza: e se costui ottempererà diligentemente ai comandi
di questa esimia Regola, allora se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto
riceverlo, convocati i fratelli esponga con purezza d'animo a tutti il suo
desiderio e la sua richiesta . In seguito il termine della prova dipenda in
tutto dalla considerazione e dalla decisione del maestro, secondo l'onestà
di vita del richiedente.
LIX - Non siano chiamati tutti i fratelli al consiglio privato
Comandiamo che non sempre siano convocati al consiglio tutti i fratelli, ma
solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali per il
consiglio. Quando volesse trattare le questioni maggiori, quale dare la
terra comune, o discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un fratello: allora
è opportuno convocare tutta la congregazione, se così ritiene il maestro;
udito il parere di tutto il capitolo, quanto di meglio e di più utile il
maestro avrà ritenuto opportuno, questo si faccia.
LX - Devono pregare in silenzio
Comandiamo con parere concorde che, come avrà richiesto la propensione
dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o seduti: tuttavia con
massima riverenza con semplicità, senza chiasso, perché uno non disturbi
l'altro.
LXI - Ricevere la fede dei serventi
Abbiamo saputo che molti da diverse province, tanto aggregati, quanto
scudieri desiderano vincolarsi nella nostra casa a tempo con animo fervoroso
per la salvezza delle anime. E' utile che riceviate la fede loro, affinché
per caso l'antico nemico non intimi loro nel servizio di Dio alcunché
furtivamente o indecentemente, o li distolga improvvisamente dal buon
proposito.
LXII - I fanciulli, fin quando sono piccoli, non siano ricevuti tra i
fratelli del Tempio
Quantunque la Regola dei Santi Padri permetta di avere dei fanciulli in una
congregazione, noi non riteniamo di dover caricare voi di tale peso. Chi
volesse dare in perpetuo suo figlio, o un suo congiunto, nella religione
militare: lo nutra fino agli anni, in cui virilmente con mano armata possa
eliminare dalla Terra Santa i nemici di Cristo: in seguito secondo la Regola
il padre o i genitori lo pongano in mezzo ai fratelli, e rendano nota la sua
richiesta. E' meglio nella fanciullezza non giurare, piuttosto che diventato
uomo ritirarsi in modo
clamoroso.
LXIII - Sempre i vecchi siano venerati
E' bene che i vecchi con pia considerazione, secondo la debolezza delle
forze siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo si usi
severità in quanto la tolleranza è necessaria per il corpo, salva tuttavia
l'autorità della Regola.
LXIV - I fratelli che partono per diverse province
I fratelli che si incamminano per diverse province, per quanto lo permettano
le forze, si impegnino a osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e
nelle altre cose, e vivano in modo irreprensibile, perché abbiano buona
testimonianza da coloro che stanno fuori: non macchino il proposito di
religione né con parola né con atto, ma soprattutto a coloro, con i quali si
sono incontrati, offrano esempio e sostanza di sapienza e di buone opere.
Colui presso il quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e, se
è possibile, la casa dell'ospite in quella notte non manchi della candela,
affinché il nemico tenebroso non
procuri la morte, Dio non voglia. Quando avranno sentito di riunire soldati
non scomunicati, diciamo che colà devono andare non preoccupandosi di una
utilità temporale, quanto piuttosto della salvezza eterna delle loro anime.
Ai fratelli diretti nelle zone aldilà del mare con la speranza di essere
trasportati, raccomandiamo di ricevere con questa convenzione coloro che
avessero voluto unirsi in perpetuo all'Ordine militare: entrambi si
presentino al Vescovo di quella provincia e il presule ascolti la volontà di
colui che chiede. Ascoltata la richiesta, il fratello lo invii al maestro e
ai fratelli che si trovano nel Tempio che è in Gerusalemme: e se la sua vita
è onesta e degna di tale appartenenza, misericordiosamente sia accolto, se
questo sembra bene al maestro e ai fratelli. Se nel frattempo morisse, a
causa del lavoro e della fatica, come a un fratello, a lui sia riconosciuto
tutto il beneficio e la fraternità dei poveri e dei soldati di Cristo.
LXV - A tutti sia distribuito in modo uguale il vitto
Riteniamo anche che questo in modo congruo e ragionevole sia rispettato, che
a tutti i fratelli professi sia dato cibo in eguale misura secondo la
possibilità del luogo: non è infatti utile l'accezione delle persone, ma è
necessario considerare le indisposizioni.
LXVI - I soldati abbiano le decime del Tempio
Crediamo che avendo abbandonato le ricchezze a voi donate abbiate ad essere
soggetti alla spontanea povertà, per cui in questo modo abbiamo dimostrato
in quale modo spettino a voi che vivete in vita comune le decime. Se il
Vescovo della chiesa, al quale è dovuta giustamente la decima, avrà voluto
darla a voi caritatevolmente: deve dare a voi le decime che allora la Chiesa
sembra possedere con il consenso del capitolo comune. Se un laico dovesse
impossessarsi di essa (decima) o sottrarla dal suo patrimonio in modo
condannabile, e confessando la propria colpa avrà voluto lasciare a voi la
stessa: secondo la discrezione di colui che presiede questo può essere
fatto, senza il consenso del capitolo.
LXVII - Le colpe leggere e gravi
Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o
altrimenti, egli stesso confessi al maestro il suo peccato con l'impegno
della soddisfazione. Per le cose lievi, se non esiste una consuetudine, ci
sia una lieve penitenza. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta
attraverso un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad una riparazione
maggiore e più evidente. Se la colpa sarà grave, si allontani dalla
familiarità dei fratelli, né mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo
assuma il pasto. Il tutto dipenda dalla decisione e dall'indicazione del
maestro, affinché sia salvo nel giorno del giudizio.
LXVIII - Per quale colpa il fratello non sia più accolto
Soprattutto occorre provvedere che, nessun fratello, sia potente o
impotente, forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco insuperbire,
difendere la propria colpa, possa rimanere indisciplinato: ma, se non avrà
voluto correggersi, a lui venga data una correzione più severa. Che se non
avrà voluto correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere a lui
innalzate, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia: allora secondo
l'apostolo, sia sradicato dal pio gregge: togliete il male da voi: è
necessario che la pecora malata sia allontanata dalla società dei fratelli
fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone e la verga
(cioè il bastone, con cui sostenga le debolezze delle altre forze, la verga
con cui colpisca con lo zelo della rettitudine i vizi di coloro che vengono
meno) con il consiglio del Patriarca e con una considerazione spirituale sul
da farsi affinché, come dice il beato Massimo, la più libera clemenza non
approvi l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non richiami
dall'errore chi sbaglia.
LXIX - Dalla solennità di Pasqua fino a Tutti i Santi si possa soltanto
portare una camicia di lino
Per il grande caldo della regione orientale, consideriamo
compassionevolmente, che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Tutti
i Santi, si dia a ciascuno una unica camicia di lino, non per il dovuto, ma
per sola grazia, e questo dico per chi vorrà usufruire di essa. Negli altri
tempi generalmente tutti portino camicie di lana.
LXX - Quanti e quali panni siano necessari nel letto
Per coloro che dormono nei singoli letti riteniamo di comune consiglio, se
non sopravviene qualche grave causa o necessità: ciascuno abbia biancheria
secondo la discreta assegnazione del maestro: crediamo infatti che a
ciascuno sia sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui
che manca di uno di questi, prenda una stuoia, e in ogni tempo sarà lecito
usufruire di una coperta di lino, cioè un panno: dormano vestiti con la
camicia, e sempre dormano indossando gli stivali. Mentre i fratelli dormono,
fino al mattino non manchi la lucerna.
LXXI - Va evitata la mormorazione
Comandiamo a voi, per divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire,
le emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le detrazioni. Si
impegni ciascuno con animo vigile, a non incolpare o riprendere il suo
fratello ma ricordi tra se la parola dell'apostolo: non essere un
accusatore, né diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto che
un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il
precetto del Signore, lo corregga tra sé e lui solo: e se non lo avrà
ascoltato prenda un altro fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in
riunione davanti al capitolo tutto sia rimproverato. Soffrono di grave
cecità, coloro che calunniano gli altri; sono di grande infelicità coloro
che non si guardano dal livore: da qui sono immersi nell'antica iniquità
dell'astuto nemico.
LXXII - Si evitino i baci di tutte le donne
Riteniamo pericoloso per ogni religioso fissare lungamente il volto delle
donne: perciò un fratello non osi baciare né una vedova, né una nubile, né
la madre, né la sorella, né un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque
la milizia di Cristo i baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso
sono in pericolo: così con coscienza pura e vita libera può perennemente
conversare al cospetto del Signore. |